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Il sacro e il profano nell'arte presepiale
Specificità dell'arte presepiale napoletana di San Gregorio Armeno
Alle origini del presepio
Nel volgere dei secoli, il mistero della Natività è stato accolto in espressioni artistiche di diversa natura.
Anche quando tali espressioni, improntate allo spirito dei tempi ed ai luoghi di origine, si discostarono dal più intimo intendimento della narrazione evangelica, l'elemento rappresentativo vi rimase contenuto e circoscritto.
Una grotta, l'asinello, il bue, la discreta e silenziosa presenza di qualche angelo o di qualche adorante, costituirono il rituale sfondo, semplice ed essenziale, della Sacra Famiglia e quasi mai l'inserto di elementi estranei intervenne a mutare o turbare la raccolta atmosfera di religiosità.
La tradizione presepiale fu introdotta in Italia da San Francesco d'Assisi nel XIII secolo.
Anche a Napoli, la tradizione presepiale, trovò terreno fertile fin dal suo primo insorgere, mantenendo, per lungo tempo, le caratteristiche "statiche" e "contenute" del modello francescano.
La tradizione presepiale a Napoli
Con l'avvento di Carlo III di Borbone, le arti napoletane subirono un vigoroso impulso e l'arte presepiale, omai forte di una solida tradizione artigiana, poté entrare nella fase di massimo splendore.
Il devoto interessamento del Re e del suo fidato consigliere Padre Rocco, che del presepio intendeva farne un fenomenale strumento di propaganda religiosa, ebbe un'importanza determinante, procurando al presepio napoletano un incondizionato consenso di pubblico ed ebbe una straordinaria diffusione; una vera e propria "pazzia collettiva della Napoli settecentesca" che invece di esaudire gli intendimenti moralistici di padre Rocco, per la deformante sollecitazione che la fantasia popolare gli imprimeva, finì col riporre ogni più recondito sentimento religioso, esaurendosi in un divertissement elegante e raffinato che solo l'eccezionale abilità dei suoi artefici poté riscattare.
Ne scaturì una visione originalissima ed antitradizionale in cui i temi del Vangelo di Luca e di Matteo, troppo privi di colore per soddisfare la vivida immaginazione popolare, vennero liberamente rielaborati ed integrati.
Della narrazione evangelica, l'annuncio e il diversorium, solo il primo elemento riesce a difendere l'originale vena bucolica, mentre ben poco resta del secondo che, nella libera trasposizione, appare come una rumorosa e rutilante taverna, dove spensierati gruppi di popolani, secondo la più antica e pertinace tradizione partenopea, festeggiano nell'abbondanza la nascita del Divino.
Il pastore napoletano
Il ciclo evolutivo che doveva fare del pastore napoletano un esemplare di assoluta originalità ebbe inizio nel corso del secolo XVII, quando si avviò un processo di "dinamicizzazione" in due fasi principali: l'adozione di giunture a snodo per tutte le articolazioni della figura di legno e, successivamente, l'applicazione sia della testa che degli arti, sempre scolpiti in legno, ma in pezzi distinti, su un manichino ottenuto avvolgendo della stoppa attorno ad un'anima di ferro.
Ciò permise di mutare la composizione del presepe all'infinito, pur adoperando gli stessi pastori, cui veniva impresso un atteggiamento funzionale all'equilibrio della scena.
Continuità storica in San Gregorio Armeno
Questa tradizione artistica si è consolidata nel tempo, in una continuità ideale che i tempi moderni non hanno scalfito.
Gli artigiani presepiali napoletani di Via San Gregorio Armeno rappresentano, infatti, oggi, il meglio della produzione artistica presepiale ed hanno assunto, proprio per l'eccellenza della loro produzione, fedele ai canoni tradizionali, ma che dimostra, contestualmente, una vivace vena innovativa, una fama che travalica l'ambito della città partenopea, contribuendo a promuovere nel mondo l'immagine del prodotto di alta qualità "made in Italy" .